Dialogo è nonviolenza

I frutti del dialogo

In Pakistan gesti concreti di vicinanza e solidarietà dei capi musulmani verso le famiglie cristiane vittime di violenza. Sul sito www.lettera22.it un articolo di Paolo Affatato dell'Osservatore Romano

Il gesto più bello e significativo l’ha compiuto il leader musulmano Tahir Mehmood Ashrafi, capo dell’All Pakistan Ulema Council: ha voluto rassicurare personalmente una ragazza cristiana prossima alle nozze che, nell’incendio della casa di famiglia, ha perso l’intera sua “dote”, l’insieme di beni preparati, secondo la tradizione, in diversi anni, prima di sposarsi. Ashrafi ha benedetto la ragazza, le ha simbolicamente posto un velo sul capo, garantendo che avrebbe provveduto a ricostituire la dote della ragazza.

Un gesto esemplificativo dello spirito di vicinanza, a un mese dalla tragica ondata di violenza mirata che, il 16 agosto, ha devastato case e chiese nel quartiere cristiano di Jaranwala, nei pressi di Faisalabad, nel Punjab pakistano. Quell’attacco gratuito — causato da un presunto caso di blasfemia, di cui sono accusati due cittadini di fede cristiana — ha lasciato 800 famiglie senza tetto, prive di sostentamento, ma ha generato, di contro, un ampio movimento di solidarietà da parte di cristiani e musulmani che «fa ben sperare», come ha sottolineato l’arcivescovo di Lahore, Sebastian Francis Shaw, rimarcando «i buoni frutti dati dalla paziente opera di vicinanza, amicizia, relazione e dialogo interreligioso che abbiamo avviato in Punjab».

Shaw ha accompagnato sui luoghi teatro di violenza diverse delegazioni di capi musulmani, sunniti e sciiti, delle diverse scuole di pensiero islamico. «Molti di loro si sono commossi, tutti hanno mostrato solidarietà e vicinanza umana alle famiglie cristiane atterrite dalla violenza. Hanno pregato con noi, hanno stretto le mani e consolato la gente, che li ha accolti benevolmente. Per noi qui in Pakistan, sono gesti di notevole importanza, perché contribuiscono a cambiare la cultura e la mentalità, anche per l’eco mediatica che hanno avuto», riflette. L’arcivescovo nota: «Mi ha colpito molto sentire i capi musulmani dire alle madri cristiane che piangevano: i vostri figli sono i nostri figli. Non dovete preoccuparvi. Ci occuperemo noi di loro».

La solidarietà, rileva, non è stata solo verbale ma concreta: i leader islamici si occuperanno di sostenere le spese di istruzione dei ragazzi delle famiglie colpite dalla violenza a Jaranwala, dando borse di studio per il loro percorso scolastico, fino al college. «Il che dimostra sincera disposizione d’animo, prossimità e buona volontà di quanti dissentono dalle forme di violenza intercomunitaria, e da quanti l’hanno istigata promuovendo odio e violenza religiosa», nota Shaw.

In un episodio di sofferenza, allora, i cristiani in Pakistan, circa il due per cento della popolazione in un paese a larga maggioranza islamica, trovano germogli di un bene che può lentamente rifiorire e portare frutti insperati. È quanto dice don Khalid Mukhtar, prete cattolico della diocesi di Faisalabad e parroco a Jaranwala, che ha ripreso a celebrare giornalmente la messa mattutina nella cappella cattolica di San Giovanni, che era stata bruciata nella violenza del 16 agosto. Nell’altra cappella cattolica di Gesù Nazareno e nella chiesa parrocchiale intitolata a san Paolo, con accanto la canonica, sono invece in corso i lavori di restauro. Il governo del Punjab si è mosso con tempestività nell’opera di ristrutturazione delle chiese, mentre la gente, che ha ricevuto un risarcimento in denaro, continua a ripulire e risistemare le proprie case.

Anche la Fondazione Alkhidmat, organizzazione di assistenza sociale affiliata al Pakistan Jamaat-e-islami, il principale partito religioso del paese, ha voluto contribuire all’opera di ricostruzione delle case danneggiate. «A piccoli passi si ritorna verso la normalità, ma i bambini ancora non vanno a scuola. E le gente è ancora traumatizzata e bisognosa di aiuti», nota il parroco. «Accogliamo con gioia tanti gesti di solidarietà, da cristiani e musulmani, che danno consolazione e speranza», riferisce.

Sulle radici dell’accaduto — il caso del presunto vilipendio al corano che poi ha scatenato la violenza — proseguono intanto le indagini della polizia, che sta cercando di chiarire i contorni della vicenda: l’incidente potrebbe essere scaturito da una lite tra cittadini tutti di fede cristiana che avrebbero, essi stessi, strumentalizzato le accuse di blasfemia per mascherare una disputa privata. Sul versante politico, si registra invece un certo disappunto in quanto il Senato del Pakistan ha respinto una mozione che chiedeva un dibattito in aula sulla violenza di Jaranwala.