Per colpa di chi

Migranti, la retorica di andata e di ritorno


A ignorare gli allarmi saranno stati i greci ma tutti i paesi europei c’entrano perché stanno a guardare rimpallandosi le responsabilità. Come a Cutro fino a non si sa dove. Il Premio "Cultura della Pace-Città di Sansepolcro", Alessandro Bergonzoni commenta, su la Repubblica del 20 Giugno 2023, le tragedie del mare


Mare aperto per lutto. Europa chiudi per lutto! Comincio a rispondere alla retorica di andata con una neo retorica di ritorno. Ad annegare sono solo loro, a negare quasi sempre e comunque aiuti e soccorsi siamo noi tutti, ancora una volta. E quelle volte che succede è per gentile concessione con fastidio o per propaganda. A ignorare gli allarmi saranno stati i greci, i maltesi o i venusiani, i marziani, che muoiono insieme a loro sprofondando non nell'acqua ma nella vergogna, conniventi e corresponsabili. Pare addirittura li abbiano trainati non per salvarli ma per farli entrare in un'altra zona non di loro competenza, come a dire: "Non morite non nel nostro giardino per favore ma in quello del vicino..." Ma tutti i paesi europei c’entrano, non danno spesso i lascia passare perché hanno il “lascia nonfare”, e stanno a guardare rimpallandosi le responsabilità, veri stragisti contro il patrimonio (dell'umanità, come sono i migranti). Incapaci di offrire e nemmeno soffrire per loro, stolti senza più scusanti, privi di intelligenza sia mentale che emotiva, esempio di intelligenza artificiosa, chiaramente pericolosa. Gli scafisti, le Ong, i complottisti, i facinorosi, i disfattisti, i cataclismatici, i giovani scalmanati: per quelle intelligenze questi sono l'unico problema, non invece chi se ne va a letto la sera e non sogna seicento esseri che affogano, o chi per esempio si dispera giustamente per le troppe donne violentate dal proprio compagno in una società democratica non capendo parimenti che quei migranti sono stati torturati e le donne violentate in lager pagati da noi con accordi di ogni tipo. Possibile non vedere il nesso? Il problema è chi sa bene cosa significhi stivare centinaia di umani in uno spazio per dieci e lo accetta, cosa significhi tratta dei bambini, rimpatri, in paesi che uccideranno per l’ultima volta chi avremmo dovuto e potuto proteggere. Noi che facciamo outing dei nostri mali e giustamente pretendiamo una sanità all'altezza, con"pronti soccorsi" efficienti, dobbiamo ormai renderci conto di quali e quanti rischi e malattie soffrono i profughi lasciati in mezzo al nulla fino alla fine. Ma noi siamo solo noi e gli altri altri, così và avanti da che mondo è immondo. La barca oscilla e pende pericolosamente per pesi non ben distribuiti: è la stessa mala distribuzione delle ricchezze nel mondo, identica, ferale e indegna. Si capisce la metafora? Che serve fare ancora servizi e ricerche statistiche, intervistare economisti, scienziati e politologi? Tutto chiaro come il sole, che brucia i loro corpi con benzina e il suo calore. Chi fugge, chi non vuol morire di fame e guerre, li ho voluti chiamare patrimonio dell'umanità per questo ed oltre. L'umanità, se esiste, ancora non basta, non serve: urge non sovranità ma sovrumanità e santità, più difficile da soffocare che la mera umanità; un nostro vero e proprio suicidio collettivo in questo "umanicomio" a cielo aperto (quanto ci manca un Basaglia della politica, legislatore, governante tra i piccoli della terra!). Umanicomio fatto di una normalità allucinata, di noi psichiatricamente malati non più solo di indifferenza e abitudine ma soprattutto nell'anima e nello spirito. Questa è la politica che ha timore del sacro e angelico (tranquilli, siete fuori dimensione) che non sa esistere nè consistere, che si arrabatta televisivamente e mediaticamente, che non comprende come tutto sia intrecciato, origine e fine ultimo di un progetto economico-antropologico, guerra ed armi comprese. Si scaricano le proprie colpe invece che i profughi, accampando qualche scusa patetica, nemmeno capaci di chiedere, scusa, a tutti i corpi dell'abisso. Lo stesso abisso che c’è tra loro e il sè, tra altri e noi, nostri figli e quelli sconosciuti che vediamo spiaggiati e per cui una lacrima ormai si versa ma due no. Incapaci di fare anche una sola carezza ai superstiti e familiari, una carezza innocente (perché colpevoli). E per fortuna migliaia di volontari, associazioni, organizzazioni non governative e centri d'accoglienza fanno ciò che sarebbe costituzionalmente dovere degli Stati. Fanno fatica anche a provare gratitudine per questi movimenti che certo hanno difetti e imperfezioni, ma suppliscono in toto ai peccati d'accidia di chi da anni consente tutto questo. Di chi sono le responsabilità? Si parla tanto di lavoro: chi assume, queste responsabilità? Chi assume, il controllo? Chi assume, un atteggiamento d'amore verso una diversa eccellenza del nostro continente, che non è più soltanto monumenti e turismo ma l’arte di soccorrere? Abbiamo manifestato, scritto, partecipato, agito e continueremo a farlo, ma sento risolini sardonici dai vari Parlamenti, come se le priorità non fossero vivere o morire ma fare accordi militari ed economici a lunga e breve gittata, passerellando tra un viaggio e l'altro, tra le ceneri delle varie ci-viltà. La gente è stanca, non di morire come questa moltitudine, ma stanca da morire: di vedere le stesse immagini che ormai non notiamo più, di sentire urla e pianti che nemmeno udiamo. Affamati di social di dirette da seguire per un solo morto, personaggio famoso o amico privato, per il nostro defunto amato ed onorato. Se non ripudiassi sul serio la guerra ed ogni forma di violenza, se avessi la tranquillità di sparare, bombardare chiunque, forse entrerei a far parte di una sollevazione “per la restaurazione della sensibilità “, dell'"esercito della salvezza e cura degli indecenti in libertà". Se credessi nelle galere, nella loro illogica e nella tortura aprirei le prigioni per gli inconsapevoli convinti e costruirei pure ospedali per sani gravi o sopportatori cronici. Ma sì, sono un po’ come l’Europa, furbo, debole e inflessibile, non cambio. Resto utopisticamente sul concetto ideale che a sofferenza non si risponde con sofferenza, che a delitto di diritti non si oppone delitto di giustizia o ad ignoranza stupidità. Spero? Non più. Sto cercando di percepire quale moto interiore e ulteriore, quale gesto non eroico, egoico, stoico o etico ma poetico possa intraprendere. E con me molti altri, rievoluzionare quello che alcuni chiamano Paese, altri Nazione, Occidente, incidente, Oriente, che io chiamerei “solo” terra, cosmo e universo. Dichiarandomi ancora una volta parte ed arte lesa, come a Cutro fino a non si sa dove, porgo le mie scuse e chiedo eterno perdono anche a quei seicento giovani che sono morti nel mare di nessuno nel peggiore dei mondi: Invano.