Protocollo d’Azione

Gli Ambasciatori della Cultura della Pace sono nominati dall’Associazione Cultura della Pace di Sansepolcro e chiamati a essere testimoni, nel loro lavoro e nella loro vita, degli ideali che l’associazione porta avanti, facendo conoscere il lavoro del sodalizio, per rendere tale impegno visibile e auspicabilmente, imitabile.

L’impegno e l’azione di un Ambasciatore della Cultura della Pace si basa sul lavorare, attraverso la propria esperienza di vita, professionale e non, alla costruzione di solide relazioni sociali e umane che siano in grado di opporsi, un domani, alla formazione dell’immagine del nemico, (scambi culturali, religiosi, artistici ed economici su basi equo-solidali). Tra gli esempi che possiamo portare, evidenziamo quelli che ci sembrano i più icastici:

Es. A) Aiutare quanti si trovino in stato di bisogno (testimonial per aiuti umanitari);

Es. B) Farsi interpreti e testimoni di una corretta informazione, sufficientemente diffusa, per far prendere coscienza di problematiche reali che coinvolgono la società attuale o ampi settori di questa;

Es. C) Avere capacità di ascolto riguardo problemi e questioni di carattere sociale, riuscendo a sensibilizzare le coscienze.

In coerenza con la sua missione, volta a costruire e promuovere una cultura di pace, l’Associazione Cultura della Pace riconosce quali Ambasciatori, le persone che, legate a Sansepolcro, testimoniano e promuovono, attraverso il lavoro e la loro vita, il rispetto della dignità umana e dell'ecosistema, la cooperazione sociale ed il dialogo interreligioso, una nuova economia costruita su base etica, la promozione di una responsabilità verso la veridicità e affidabilità nei mezzi di informazione, la cultura della legalità, della pace e della nonviolenza. Trascendendo barriere etniche, nazionali e religiose, gli Ambasciatori della Cultura della Pace contribuiscono alla diffusione di tale orizzonte valoriale e alla realizzazione di un mondo dove le dimensioni fisica e spirituale della vita vengano armonizzate e dove, eventuali conflitti, siano risolti attraverso metodologie nonviolente e rispettose della diversità.

Il logo, realizzato da Valentina Vinci, rappresenta una tartaruga con i colori della Pace, perché alla Pace ci si arriva lentamente, ma prima o poi ci si arriva, se ci portiamo dietro una "casa" piena di cultura di pace.


Vito TAVERNA - POESIE NEL CASSETTO

Biografia

Vito Taverna è nato a Bibbiena, la Vipena etrusca capoluogo della vallata del Casentino, il 10 ottobre 1929. A Firenze, negli anni ’50, quelli dell’Università di Lettere e Filosofia e della laurea discussa con Cantimori e Ragionieri, ha pubblicato studi storici per l’Istituto Gramsciano e, con il regista Lionetto Fabbri, ha vinto, per la sezione documentari due Orsi d’Oro al Festival di Berlino. Trasferitosi a Milano, dal 1960 ha lavorato nella pubblicità realizzando campagne promozionali di successo: il Carosello più noto è il Cavallo Bianco per il Pino silvestre Vidal. Nel 1990, trasferitosi in campagna, ha creato “Poesie nel Cassetto” per diffondere i valori della fratellanza, della solidarietà e della Pace e si è dedicato completamente alla poesia, pubblicando numerosi volumi.

 ARCHIVIO NAZIONALE “POESIE NEL CASSETTO”

Vito Taverna ha fondato nel 1990 l'Archivio nazionale della Poesia inedita: "Poesie nel Cassetto" tenuto a battesimo da Giulio Carlo Argan. Tale progetto intende diffondere la poesia civile e sensibilizzare il pubblico sui temi di attualità e di politica culturale riflettendo e meditando su ciò che avviene oggi nel mondo, in modo da evitare che si ripetano gli orrori del secolo passato: le disuguaglianze e le ingiustizie, le guerre etniche o religiose .

 “Poesie nel cassetto” nasce da un’intuizione di Vito Taverna, subito fatta propria da un gruppo di amici entusiasti e generosi.

I Convegni annuali che “Poesie nel cassetto” promuove e organizza ogni anno, sono diventati ormai una tradizione. Ogni convegno è dedicato a un’Organizzazione che si occupa di problemi sociali del nostro tempo e “Poesie nel cassetto” incoraggia la composizione di poesie a tema congruenti con le finalità dell’Organizzazione prescelta ogni anno, anche al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli scopi che si prefiggono le organizzazioni stesse.



Massimo VALPIANA

© foto di  Riccardo Lorenzi

Biografia

Nato nel 1955 a Verona dove vive ed ha operato come assistente sociale e giornalista, Mao (Massimo) Valpiana è una delle figure più autorevoli della nonviolenza in Italia, presidente del Movimento Nonviolento, direttore della rivista Azione nonviolenta e membro dell’esecutivo della Rete italiana Pace e Disarmo.

Nella sua lunga carriera di attivista ha partecipato a moltissime campagne e iniziative per combattere la guerra e promuovere la cultura della pace nel mondo, fra cui, nel 1972, quella per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza, di cui è stato segretario nazionale.

Grazie al suo legame con Sansepolcro, città della Cultura della Pace, è Ambasciatore della Cultura della Pace, per l’impegno dimostrato in favore dei diritti umani e per il lavoro in favore dello sviluppo della nonviolenza nella società. Durante questi anni si è contraddistinto per aver reso la cultura della pace  e la nonviolenza elementi strutturali e politici esperibili nella vita culturale, sociale, economica del Paese. Ha sviluppato una voce divergente e valorialmente alta, ponendo le ragioni della nonviolenza alla radice di un’altra realtà che si manifesta nel quotidiano, senza quell’attesa utopica che impedirebbe di vedere nei soggetti, la loro tramutazione in valore, così come desiderato, auspicato e raccontato da Aldo Capitini.


Società BALESTRIERI di Sansepolcro

La Società Balestrieri di Sansepolcro è un antico sodalizio che fonda le sue radici nel rinascimento toscano ed ha saputo perpetuare nel tempo, ininterrottamente dal XV secolo, il Palio della Balestra ®, singolar tenzone in cui si affrontano i balestrieri della città di Sansepolcro contro gli amici-rivali di sempre della città di Gubbio. E' composta dai Balestrieri, dal Gruppo musici e dai Figuranti (Madonne, Notabili, Armigeri e Porta Stendardi). E' guidata da un Consiglio Direttivo composto da 11 soci. E' divisa al suo interno da due Rioni (Porta Romana e Porta Fiorentina) che sono a sua volta suddivisi in Quartieri (Sant'Antonio, San Niccolò, Santa Caterina e San Bartolomeo). Vive la sua attività soprattutto da Maggio (Palio a Gubbio) a Settembre (Palio a Sansepolcro). Durante tale stagione agonistica si disputano delle gare valide per il Campionato cittadino. Durante il Settembre biturgense (il periodo che va dal 1° del mese al giorno del Palio della Balestra®) si disputano il Palio di Sant'Egidio (1° Settembre), Palio dei Rioni, Finale del Torneo dei Quartieri e Palio della Balestra® (seconda Domenica di Settembre).

La Società Balestrieri è in grado di organizzare la rievocazione dell'evento rinascimentale nelle piazze di tutto il mondo, esibendosi con la propria sfilata storica, composta da: armati, notabili e madonne, gruppo musici con chiarine e tamburi, sbandieratori e il maestoso corpo dei balestrieri, che ricreano le suggestioni e le atmosfere del più vero e storico rinascimento toscano. 

La manifestazione si propone come uno spettacolo tempisticamente flessibile ed adattabile alle varie esigenze scenografiche; sono in grado di raggiungere qualsiasi località ed approntare un "campo di tiro" regolamentare ed in sicurezza, il tutto in breve tempo. La Società Balestrieri di Sansepolcro è riuscita così a trasformare un’arma di guerra in un elemento di confronto, conoscenza e scambio con realtà diverse e visioni altre della società, portando in giro per il mondo un messaggio di pace.

 

Gruppo SBANDIERATORI Sansepolcro

Nell’Europa tardo-medievale spesso interessata da conflitti, erano gli ufficiali alfieri con le loro bandiere a precedere gli armati. Dette bandiere corredate da lame, divenivano vere e proprie armi. Nei periodi di pace, gli alfieri si trovarono a sviluppare e ad affinare le loro tecniche, dando sempre più ad esse una valenza di gioco e di spettacolo. Nascevano gli sbandieratori. Il Gruppo Sbandieratori Sansepolcro, composto da sbandieratori, tamburini e chiarine, utilizza drappi dipinti a mano ed indossa costumi prodotti da qualificate sartorie teatrali. Ogni secondo sabato di Settembre, nella piazza principale della città, il Gruppo offre a concittadini ed ospiti un saggio completo della propria attività, nel corso della serata dedicata ai Giochi di Bandiera.

Gli Sbandieratori di Sansepolcro, primo gruppo costituitosi in Italia, è tutt'ora il più antico tra i gruppi simili in attività. Da sempre ed ovunque, ogni comunità di riconosce e si definisce attraverso alcuni simboli. Le insegne, i drappi e le bandiere fanno parte di questi simboli,diventano un momento di orgoglio e di unione tra le genti.

Portare questo spettacolo in giro per l'Italia e per il mondo è un messaggio importante di pace ed amicizia, e questo impegno  è sempre stato pienamente ripagato dal successo che ogni tipo di pubblico ha deciso di tributare, avendo l'occasione di apprezzare questa forma di cultura così tipica di questa terra e del nostro passato. Oltre agli esercizi codificati nei manuali, gli Sbandieratori si ispirano alle geometrie del figlio più illustre di Sansepolcro, Piero della Francesca, omaggiato anche con la collaborazione del celebre artista contemporaneo Milton Glaser, di cui gli Sbandieratori hanno organizzato una importante mostra dedicata appunto ad una rivisitazione di alcune opere del maestro. Tra le iniziative culturali che il gruppo ha organizzato spiccano le mostre con il pittore Franco Alessandrini, nativo di Sansepolcro, ma che vive e lavora a New Orleans in USA. Gli sbandieratori hanno curato la ristampa in anastatica del manuale “La Bandiera” di Francesco Ferdinando Alfieri (anno 1638), manuale da essi ritrovato nel 1966 presso la Biblioteca di Firenze. Infine il gruppo possiede una ricchissima collezione di xilografie, acqueforti e bulino, originali, del 1500 e 1600, raffiguranti sbandieratori in azione. A livello internazionale il gruppo è stato interprete del film “Sotto il sole della Toscana”:

Ernesto OLIVERO

Biografia

Ernesto Olivero è nato nel 1940 a Mercato San Severino (Salerno), è sposato, con tre figli e sette nipoti. Ha lavorato in varie industrie del torinese e poi in banca fino alle dimissioni (1991). Nel 1964 ha fondato a Torino il Sermig, Servizio Missionario Giovani, insieme alla moglie Maria e ad un gruppo di giovani decisi a sconfiggere la fame con opere di giustizia, a promuovere sviluppo, a vivere la solidarietà verso i più poveri.

Negli anni ’80 all’interno del Sermig nasce la Fraternità della Speranza, che conta attualmente un centinaio di aderenti: giovani, coppie di sposi e famiglie, monaci e monache che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri, alla formazione dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza. 

Attorno alla Fraternità della Speranza, centinaia di volontari e il movimento internazionale dei Giovani della Pace si ispirano alla spiritualità e al metodo del Sermig. 

L’Arsenale della Pace a Torino

Nel 1983 viene assegnato al Sermig in comodato dal Comune di Torino l’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora. Olivero, incoraggiato da Giorgio La Pira, sente che questo sarà il primo grande passo di una profezia di pace. Ne inizia la trasformazione con l’aiuto gratuito di migliaia di giovani, di volontari, di uomini e donne di buona volontà da ogni parte d’Italia. L’11 aprile 1984 è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ad inaugurare l’Arsenale della Pace. Le sue capacità organizzative ed imprenditoriali permettono negli anni la ristrutturazione complessiva di un’area di 45.000 mq. 

Per il grande lavoro svolto nella trasformazione dell’Arsenale e per l’attività incessante del Sermig a favore degli ultimi, Ernesto Olivero è stato definito “imprenditore del bene”. 

Là dove sono state forgiate buona parte delle armi utilizzate nelle due guerre mondiali, è sorto un “laboratorio” di convivenza, di dialogo, di formazione dei giovani, di accoglienza dei più disagiati, un monastero metropolitano, aperto 24 ore su 24. Vi trovano rifugio uomini e donne che cercano un aiuto per cambiare vita (in questi trentun anni sono stati realizzati progetti a favore di uomini e donne di 140 nazionalità). E’ luogo d’incontro per migliaia di giovani che da tutta Italia e dall’estero si danno appuntamento per confrontarsi, dialogare e crescere. E’ base di partenza per la solidarietà che raggiunge i cinque continenti. E’ luogo di preghiera e di silenzio, di cultura e di formazione. Nel 2008 le Istituzioni locali riconoscono l’opera come patrimonio del territorio e diventano Città, Provincia e Regione dell’Arsenale della Pace. 

Il Sermig vive grazie al contributo gratuito di migliaia di amici e volontari che condividono tempo, professionalità, denaro, beni materiali e spirituali. La “restituzione” di queste risorse a favore dei più sfortunati permette al Sermig di essere sostenuto al 93% dalla gente comune. 

Impegno con i giovani

I giovani sono in cima ai pensieri del Sermig per le difficoltà che si trovano ad affrontare in questo tempo, ma sono anche la speranza per il futuro se si mettono in gioco preparandosi con lo studio, l'impegno, il servizio. Ernesto Olivero da sempre si spende senza sosta per offrire loro una testimonianza di vita e valori di riferimento. Dall'Arsenale della Pace, punto di riferimento per migliaia di loro, ha chiesto alle autorità mondiali che i giovani siano dichiarati “patrimonio dell’umanità” e come tali rispettati, accuditi, aiutati a crescere. 

I giovani del Sermig hanno siglato il loro impegno nella “Carta dei Giovani”. Per loro Olivero ha dato vita al movimento internazionale dei “Giovani della Pace” che si incontra in periodici appuntamenti mondiali radunando decine di migliaia di giovani per ridisegnare il mondo partendo dalle nuove generazioni e dalla pace (il primo si è tenuto il 5 ottobre 2002 a Torino con 100.000 giovani). 

A servizio degli ultimi Ernesto Olivero ha voluto che sin dall’inizio l’Arsenale della Pace fosse una porta aperta 24 ore su 24 sulla sofferenza, sulla miseria, sulla fame, sulla disperazione, sull’ingiustizia. Lo stile è quello di una famiglia che accoglie, con l’intento di aiutare chi con sincerità vuole uscire da qualsiasi situazione di degrado. 

Il Sermig esce continuamente dal suo Arsenale per andare incontro ai più poveri, in Rwanda come nel Darfur, in Romania e in Georgia, ma anche in Italia. Per l’impegno senza sosta che dall’Arsenale della Pace si estende al mondo dei sofferenti, nel 1992 Ernesto Olivero riceve il titolo di “Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” conferito dal Presidente della Repubblica. Nel 1996 il Presidente della Repubblica lo nomina anche “Cavaliere di Gran Croce”. Nel 1999 ha ricevuto dall’Università di Torino la laurea honoris causa in Sociologia. 

Impegno per la pace e lo sviluppo

Nella convinzione che solo la condivisione delle risorse, la giustizia e il dialogo portano alla pace, Olivero ha realizzato con il Sermig circa 3.050 azioni umanitarie in 92 Paesi, attraverso studi e progetti finalizzati a produrre auto-sviluppo, oltre ad aiuti di prima necessità destinati a popolazioni e a persone singole. 

Si tratta di progetti mirati a salvaguardare la vita umana, dando priorità assoluta ai bambini. Accanto agli indispensabili interventi finalizzati ad accoglienza e servizi (sanità, abitazione, alimentazione…) il Sermig incoraggia sempre più la realizzazione di progetti di formazione e l’avvio di attività produttrici di reddito, per valorizzare le risorse e le opportunità locali, per alimentare imprenditorialità e professionalità, per offrire risposte concrete e durevoli al bisogno di lavoro e sviluppo.

Nel 1991 Giovanni Paolo II lo invita ad essere “amico fedele di tutti i bambini abbandonati nel mondo” e lo conferma nel suo impegno già costante a dare vita ai bambini. 

Oltre ad aver personalmente seguito molti progetti di sviluppo in diverse parti del mondo, Ernesto Olivero ha personalmente accompagnato le 77 missioni di pace realizzate dal Sermig in Paesi in guerra quali Somalia, Rwanda, ex Iugoslavia, Albania… con l’invio di aiuti di prima necessità a tutti, senza distinzioni politiche e religiose. Attraverso questi interventi gli è stato possibile incontrare la gente del posto e individuare altre forme di presenza e di aiuto. Numerose sono state in particolare le missioni di pace in Medio Oriente: Libano, Iraq, Palestina, Israele, Giordania… sempre finalizzate alla ricomposizione dei conflitti e al dialogo.

Come riconoscimento per la scelta di costruire la pace attraverso azioni concrete di solidarietà, Re Hussein di Giordania ha conferito ad Ernesto Olivero la decorazione “Al Kawkab di prima classe”; anche l’organizzazione israeliana “Keren Kayemeth Leisrael” gli ha dedicato la piantagione di 18 alberi sulle colline di Gerusalemme. 

Tra le missioni di pace più significative, nel 2002, il contributo dato alla risoluzione dell’assedio della Basilica della Natività di Betlemme, che gli è valso il premio “Uomo di pace di Betlemme e Gerusalemme” assegnatogli dalla Custodia di Terra Santa.

L’Osservatorio permanente presso la Santa Sede all’Onu lo ha insignito del titolo “Servitor Pacis” nel 1997 ed è candidato al Nobel per la Pace da Madre Teresa di Calcutta, Norberto Bobbio, il Card. Martini, il Presidente del Libano e altre personalità.

Arsenali nel mondo

Nel 1996 Ernesto Olivero con una Fraternità del Sermig apre a São Paulo in Brasile l’Arsenale della Speranza, tra le mura di una struttura che da fine ‘800 sino agli anni ‘50 ha accolto milioni di migranti provenienti da tutto il mondo, moltissimi anche dall'Italia: sostavano in questa "casa del dolore" per un periodo di quarantena prima di raggiungere le piantagioni di caffè e di cotone, dove andavano a sostituire gli schiavi. Oggi è una casa che accoglie i più poveri del Brasile, i “sofredores de rua”, che emigrano dalle periferie verso le grandi città alla ricerca di opportunità di lavoro e di vita.

L’Arsenale della Speranza offre ogni giorno circa 7.000 risposte: un letto per la notte, un pasto caldo, la possibilità di provvedere all’igiene personale, corsi di alfabetizzazione e di formazione al lavoro, assistenza medica; l’obiettivo è dare dignità e favorire il reinserimento sociale. Trecentocinquanta volontari sono un punto di riferimento per i poveri e per i giovani. Qui Olivero non ha voluto portare aiuti in denaro e fondi dall'Italia, ma piuttosto idee da condividere con i volontari brasiliani, per risvegliare le enormi potenzialità di questo Paese così ricco di contraddizioni ma anche di risorse. La filosofia del Sermig, qui come a Torino, è realizzare una comunità dove non ci sia "distanza" tra chi accoglie e chi viene accolto, dove la gratuità non umilia e non riduce la dignità della persona.

Il Patriarca di Gerusalemme ha chiamato Ernesto Olivero a realizzare un’opera di assistenza per i portatori di handicap in Giordania. Dal 2003 il Sermig è presente in Giordania, oggi a Madaba con l’Arsenale dell’Incontro per rispondere ai bisogni della popolazione. Accoglie bambini e giovani diversamente abili musulmani e cristiani, offrendo loro cure mediche, fisioterapia, inserimento scolastico, sostegno alle famiglie e favorisce la loro integrazione nel tessuto sociale, attraverso una rete di solidarietà e di volontariato. E’ luogo di incontro e di formazione per i giovani e per le famiglie.

Il sogno di Ernesto Olivero è aprire Arsenali nelle città del mondo per vivere il silenzio e l’incontro con Dio; per rispondere alle esigenze di chi è nella miseria e dei giovani, per testimoniare che gli altri non sono nemici e stranieri, ma persone da conoscere, amare, rispettare; per educare ed educarci alla solidarietà, alla mondialità e ad una cittadinanza responsabile. 

Un amico ha scritto di lui: “Ernesto si spiega con quello che ha fatto: da quando ha fondato il Sermig, milioni di persone hanno aiutato milioni di persone. Il suo campo, la sproporzione vissuta nella fede, il suo motto, lavorare in silenzio con serietà e competenza, la sua passione, comunicare speranza attraverso i fatti, la sua regola, la pazienza unita alla severità; il risultato di queste cose: il bene fatto bene”. 

Sveva SAGRAMOLA

Biografia

Nasce a Roma, il 29 Aprile 1964, giornalista e conduttrice televisiva.

Si forma televisivamente a Mixer, il programma di approfondimento giornalistico della Rai di Giovanni Minoli. Per Mixer dal 1990 al 1995 si occupa della realizzazione di servizi, inchieste e storie, di argomenti che vanno dalla cronaca, alla politica, al costume, alla cultura.

Nel 1990 fa parte anche della redazione di Extra, il primo rotocalco televisivo europeo prodotto da Minoli in collaborazione con sei paesi europei. Dal 1994 al 1998 è autrice e conduttrice di programmi che riguardano l'universo giovanile: Mixer Caro Diario e Mixer giovani di cui realizza tre edizioni, sui giovani che si confrontano su storie ed esperienze che fanno parte della loro formazione e problemi anche gravi come alcool, droga, delinquenza ecc. per concludere con Gli anni in tasca: programma in cui sono gli adulti a guardare i ragazzi vivere e a rendere loro conto della società che gli hanno lasciato.

Nel 1997 conduce anche i collegamenti esterni per Film Vero, programma in prima serata su Rai 3, su grandi tematiche sociali. Sempre nel 1997 presenta dall'Africa Professione Natura, programma in prima serata su Rai 3 che unisce ai documentari la scoperta dei luoghi e delle persone che vivono intorno ai grandi paradisi naturali.

Dal 1998 ad oggi è alla guida di Geo & Geo, programma quotidiano in diretta tutti i pomeriggi su Rai 3, dedicato ai grandi temi della natura e dell'ambiente. Oltre a condurlo è anche uno degli autori del programma, che per i risultati d'ascolto e la qualità della proposta costituisce uno dei punti di forza del palinsesto della terza rete televisiva, oltre a essere diventato uno dei programmi più amati del servizio pubblico. Per Geo & Geo ha realizzato numerosi documentari e reportage da varie zone dell'Africa e del mondo sui problemi dello sviluppo sostenibile, e delle grandi emergenze umanitarie e ambientali dei Paesi poveri.

Nel 2005 approda alla conduzione di Timbuctu, programma settimanale in prima serata su Rai Tre dedicato agli ambienti naturali e agli animali che li popolano.

Nel 2011 è autore e conduttore di Sei miliardi di altri un programma in seconda serata su Raitre sui grandi temi dell'esistenza, costituito da riflessioni e interviste a personaggi del mondo della cultura che fanno da approfondimento al grande reportage corale sull'umanità di Yann Artruss Bernard.

Il 24 settembre 2015 conduce in prima serata su Rai 3 il concerto-evento Bennato & Farmers.

Sveva Sagramola è sposata con l'imprenditore argentino Diego Dolce, dal quale ha avuto una figlia, di nome Petra.

Insieme al marito Diego Dolce, Sveva coordina la rete di adozioni a distanza "Manos a la obra" che ha l'obiettivo di aiutare gli abitanti di una baraccopoli di Buenos Aires.

Ha ricevuto i seguenti premi: