Sul sito www.pressenza.com un articolo di Gerardo Femina: 13 domande alle quale dovrebbe essere semplice rispondere
Quando la popolazione chiedeva investimenti in sanità, istruzione e lavoro, la risposta era sempre la stessa: non ci sono soldi e bisogna tirare la cinghia. Da dove vengono ora tutti questi finanziamenti per il riarmo?
Se la Russia volesse invadere l'Europa, perché non lo fa subito invece di aspettare che ci riarmiamo?
Se lottiamo per difendere le nostre democrazie, perché le distruggiamo ignorando la maggioranza degli europei, che non vuole il riarmo né il prolungamento del conflitto?
Se siamo contrari ai regimi autocratici che censurano i media occidentali e le voci dell'opposizione, perché le opinioni dissenzienti vengono ignorate e i media russi vengono chiusi?
Se diciamo di essere contrari ai regimi autocratici, perché in Europa le decisioni vengono prese da pochi burocrati guidati da Francia e Regno Unito (che non fa nemmeno parte dell'UE), mentre gli altri 26 paesi non vengono presi in considerazione?
Supponiamo di affermare di doverci difendere da popolazioni aggressive. Cosa dovrebbero fare i paesi africani per proteggersi da un'Europa aggressiva che, attraverso il suo colonialismo, li ha soggiogati e sfruttati per secoli?
Se siamo contrari al protezionismo statunitense, perché adottiamo politiche protezionistiche contro i prodotti provenienti da altri Paesi?
Perché non condanniamo Israele per i crimini contro l'umanità riconosciuti dalle istituzioni internazionali, gli stessi che rispettiamo quando condannano la Russia?
Se lottiamo per la libertà e la democrazia del popolo ucraino, perché non gli permettiamo di decidere autonomamente del proprio destino, invece di sostenere un presidente il cui mandato è scaduto quasi un anno fa?
Se il capitalismo genera povertà, ingiustizia, fame, dolore e guerra, perché non lo abbandoniamo e non evolviamo verso nuove forme di economia sociale basate sulla reciprocità e sul progresso per tutti?
Perché, per uscire dalla crisi, l'Occidente deve sempre trovare un nemico da combattere? Perché non riusciamo a instaurare veri rapporti di amicizia e collaborazione con gli altri? Perché ognuno di noi deve sempre trovare nella propria vita un nemico a cui attribuire la colpa del proprio fallimento?
Perché non ci liberiamo dalla prigione mentale in cui siamo rinchiusi?
Perché non superiamo l'individualismo e non impariamo a convergere, a costruire – a partire da noi stessi, dal nostro quartiere, dalla nostra associazione o organizzazione – un grande movimento pacifico, umanista e non violento?