La Pace sfida la Religione

La nonviolenza è il varco del Cristianesimo

Una riflessione sul ruolo della religione riguardo conflitto e soluzione dello stesso

Dall’aggressione della Russia all’Ucraina, nel febbraio 2022, quale risposta violenta per determinare il conflitto cominciato nel 2014, si sono susseguite politiche, con chiaro pensiero convergente, che hanno portato a massicce forniture di armi all’Ucraina, in aggiunta alle forniture che gli Stati Uniti hanno mandato dal 2014. L’unica soluzione che si è pensato di adottare è stata quella di usare la vecchia tecnica della guerra per la risoluzione del conflitto. All’evidente responsabilità della Russia, si accompagna l’altrettanta evidente responsabilità politica dell’Unione Europea che ha sottovalutato la portata del conflitto oltre al fallimento di un’idea di politica e di giustizia che mette a repentaglio la salvezza del mondo. C’è bisogno, al contrario, di nuova politica e di nuova giustizia, da parte russa certamente, ma anche da parte dei Paesi Nato. Credo però sia decisivo e utile riflettere sul ruolo che la religione ha svolto, svolge o dovrebbe svolgere all’interno di questo scenario: abbiamo pensato e ci è stato detto, per anni, che la guerra, in Europa, l’avrebbe portata il fondamentalismo islamico. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che, se c’è una guerra in Europa oggi, la responsabilità è (anche) del cristianesimo e di quanti si dicono cristiani. E’ una guerra tutta interna all’Europa, nonostante i valori dell’Europa e tutta interna al cristianesimo, nonostante i valori del Cristianesimo.

E’ stata sottovalutata, per miopia o per una scarsa alfabetizzazione religiosa, la divisione tra Patriarcato ortodosso ucraino e Patriarcato ortodosso russo. Già in quel momento, avvenuto nel 2018, avremmo dovuto capire quanto fosse a rischio la sicurezza europea e quanto prossima una piegatura violenta del conflitto. Padre Ernesto Balducci, teologo e personaggio di primo piano della Chiesa Cattolica, ci aveva ammonito su quanto la pace potesse sfidare le religioni, sentendo il rischio che una risposta ondivaga, non chiara e non coerente delle religioni potesse mettere a rischio la stessa pace. Le religioni possono essere violente o nonviolente in base a come le riorientiamo al proprio nucleo originale. Esse assumono un ruolo dirimente sulla questione conflitto-pace. Papa Francesco ha più volte parlato di “terza guerra mondiale a pezzetti”, creando le condizioni affinché il Cattolicesimo romano potesse ritornare alle sue origini nonviolente.

Se il Cristianesimo, con i suoi fedeli, dimentica la nonviolenza attiva del messaggio del Cristo, è colpevole di tradimento del suo più originale comandamento: “Amate il vostro nemico, fate del bene a coloro che vi odiano… perché se amate il vostro amico quale merito ne avrete, anche il non credente fa questo” (Lc. 6, 27-38). Il Cristianesimo è chiamato a tornare al messaggio originale e originario che fu ed è di profonda rottura con il pensiero preponderante. Se crede alla resurrezione escatologica, deve mettere in atto la preparazione del Regno (“il Regno è all’opera, chi opera per il Regno?”), operando e annunciando come operava il Cristianesimo testimoniato da Massimiliano di Cartagine, martire per aver rigettato l’idea di farsi soldato.  Potremmo anche consolarci, almeno in Occidente, che il cristianesimo cattolico persegua nuovamente, seppur ancora timidamente, la prassi politica nonviolenta, così come auspicato da Papa Francesco nel messaggio del 1° gennaio 2017, per la Giornata Mondiale della Pace, ma non basta e rimane lo sconforto nel vedere, all’interno di una parte del Cristianesimo, quello ortodosso, ma anche in frange del cattolicesimo, dimenticare ciò che è la caratteristica più originale, dirompente, nonché divergente, del fenomeno religioso cristiano, la nonviolenza quale varco attuale della Storia, come ebbe a scrivere Aldo Capitini. Quando sono chiuse o silenziate voci cristiane per la risoluzione nonviolenta del conflitto, di fatto viene bruciato il Vangelo con i suoi principi. Se si tradisce la modalità evangelicamente nonviolenta, si tradisce, in modo forse decisivo, la fecondità e l’efficacia di questa religione, relegandola a presenza tradizionale, ma poco determinante nella vita sociale dell’Europa. La fine o, peggio, l’irrilevanza del cristianesimo passa da qui. Se la rendiamo possibile, non sarà un’altra spiritualità a prenderne il vuoto lasciato, ma un’identità priva di qualunque orizzonte, con lo scopo esclusivo di contrasto alla diversità: sarebbe la morte di Dio, la morte dello scopo e del fondamento, stavolta annunciata e sancita dagli stessi sacerdoti di quella stessa religione.

Leonardo Magnani, Associazione Cultura della Pace