Resistenza nonviolenta

Resistenza nonviolenta in Ucraina

Un articolo di Bruna Bianchi su www.comune-info.net su quanto accade in Ucraina. Il rifiuto della guerra ha bisogno di linguaggi nuovi con cui raccontare il mondo. Lo straordinario rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War dell’International Catalan Institute for Peace (Icip) rende visibile centinaia di azioni compiute nei mesi scorsi contro gli occupanti ma di fatto anche contro la resistenza armata e la corsa al riarmo del governo ucraino: interposizioni, manifestazioni pubbliche di protesta contro l’occupazione, raduni non autorizzati in piazza, rimozione delle bandiere russe dagli edifici pubblici, graffiti sui muri, distribuzione di poster contro gli occupanti, e ancora pubblicazione di rapporti su stupri, torture, sparizioni e abusi, diffusione di notizie sui corridoi umanitari autorganizzati e sui posti di blocco, allestimento di rifugi… Il rapporto Icip, oltre a mostrare come le organizzazioni femminili abbiamo acquisito una crescente importanza, analizza con grande capacità critica gli impatti, i limiti e le contraddizioni di quelle azioni. Scrive Bruna Bianchi: “Diffondere queste voci, tenere viva l’attenzione sulla resistenza civile, promuovere azioni contro il riarmo e la militarizzazione della società, riflettere sui temi della pace non è solo urgente, ma è un progetto di sopravvivenza…”


All’inizio del conflitto in Ucraina, com’è noto, gruppi di cittadini-e scesero spontaneamente per le vie fermando gli automezzi militari russi a mani nude, spostando i cartelli stradali per confondere i soldati, parlando con loro, protestando nelle piazze. Queste azioni posero in primo piano la questione dell’efficacia della resistenza nonviolenta nel fermare l’invasione e avviare un processo di pace, ma non furono sostenute dal governo del paese che, al contrario, ha risposto all’invasione con la resistenza armata, la coscrizione obbligatoria e gli insistenti appelli per l’invio di volontari e di armi.

Dopo quattordici mesi di un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti e danni ambientali irreparabili, che ha distrutto intere città e regioni, costretto alla fuga milioni di persone, e di cui non si vede la fine, la questione dell’efficacia della resistenza civile nonviolenta, della sua capacità arrestare la spirale della violenza è tornata al centro dell’attenzione. Ne sono un esempio l’interesse per le opere di Erica Chenoweth, una delle maggiori esperte di resistenza civile, di cui è recentemente apparso in italiano il volume Come risolvere i conflitti. Senza armi, senza odio con la resistenza civile (Sonda, Milano 2023) e la pubblicazione nell’ottobre del 2022 del rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War a cura di Felip Daza Sierra dell’International Catalan Institute for Peace. Recentemente tradotto in italiano a cura di Movimento Internazionale della Riconciliazione, il rapporto è già stato illustrato a grandi linee, e tuttavia vale la pena di analizzarlo un po’ più nel dettaglio per comprendere i caratteri, l’estensione e le criticità delle azioni di resistenza civile nonviolenta nei primi cinque mesi di guerra.

La prima parte il rapporto è dedicata al quadro concettuale di riferimento, alla definizione della nonviolenza come visione alternativa dell’etica, della politica, della sicurezza e delle relazioni sociali, un pensiero che individua nell’obbedienza il fondamento del potere e nella disobbedienza la forza capace di sovvertire le strutture oppressive, come già avevano teorizzato Étienne De La Boétie nel Discorso sulla servitù volontaria (1576) e Henry David Thoreau in La disobbedienza civile (1848). I metodi della resistenza nonviolenta, si ribadisce in più passi del rapporto, sono inconciliabili con quelli della resistenza armata.