Iraq, nonviolenza in marcia

Data pubblicazione: Mar 11, 2021 6:21:25 PM

Un viaggio profetico e politico. La nonviolenza in azione

Sul sito www.mosaicodipace.it un articolo di Sergio Paronetto sullo storico viaggio di Papa Francesco

Salam salam salam. Con questa triplice invocazione si è concluso il viaggio in Iraq di papa Francesco che è stato tutto politico e tutto spirituale.Si è mosso sulla scia del Documento per la pace mondiale di Abu Dhabi (febbraio 2019) e dell’Enciclica Fratelli tutti (2020). Ha attraversato luoghi di grande distruzione e offerto immagini di mite potenza: il silenzio di Baghdad, il deserto di Ur, la piana di Ninive, l’incontro sobrio e intenso con Al Sistani a Najaf (città santa degli sciiti), l’abbraccio al papà di Alan Kurdi, la colomba sopra le macerie a Mosul, la festa di Erbil, i volti di Qaraqosh e di musulmani e cristiani che hanno restaurato insieme chiese e moschee “costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell’odio”, il richiamo alla tessitura di tappeti di fraternità, l’invito al perdono e alla lotta, il risveglio della capacità di sognare...

Come in altri viaggi di grande significato (Lampedusa e Lesbo, Sarajevo e Bangui, Hiroshima e Nagasaki, Ciudad Juarez e Bogotà, Abu Dhabi e Il Cairo, Gerusalemme e Amman), Francesco ha incarnato la nonviolenza attiva nella sua globalità, nelle sue molteplici interconnesse dimensioni. Ne ricordo schematicamente almeno 12.

Storica. Sia perché è stata la prima volta di un papa in Iraq, sia per il ruolo propulsivo offerto per nuove relazioni internazionali, sia perché si è rivelato un cammino alle sorgenti della spiritualità: “culla della civiltà strettamente legata, attraverso il Patriarca Abramo e numerosi profeti, alla storia della salvezza e alle grandi tradizioni religiose dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam”. Così “la memoria del passato plasma il presente e ci porta verso il futuro”.

Penitenziale. Come richiesta di perdono: Vengo come penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà e vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della Pace”. Come urgenza di conversione: “Gli abitanti di Ninive, nel racconto di Giona, ascoltarono la voce del tuo profeta e trovarono salvezza nella conversione. Anche noi, Signore, mentre ti affidiamo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversione”. Come stile politico: “Sta a noi convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace”

Esistenziale. Con la tristezza di vedere “i segni del potere distruttivo della violenza, dell’odio e della guerra” ma anche con il desiderio di ricostruire perché “il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola”. Per farlo, si può “peregrinare alla scoperta del volto dell’altro” e “condividere memorie, sguardi e silenzi, storie ed esperienze”.

Contemplativa. La preghiera dei figli di Abramo a Ur e quella per le vittime della guerra a Mosul “al di là dell’oceano della sofferenza e della morte, al di là delle tentazioni della violenza, dell’ingiustizia e dell’iniquo guadagno”, costituiscono l’intima sostanza del viaggio e un appello all’azione: Se Dio è il Dio della vita, e lo è, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace, e lo è, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore, e lo è, a noi non è lecito odiare i fratelli”.

Teologica. Francesco ha proposto il cammino di Abramo come esempio di fede obbediente a Dio “lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare verso una terra che non conosceva”; la testimonianza delle Beatitudini per “aiutare Dio a realizzare le sue promesse di pace”; il volto del Dio misericordioso, coscienti che “ l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello”; l’umanità crocifissa e risorta nell’azione per la pace. “Con gli occhi della fede, riconosciamo la presenza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi”

Ecclesiale. “Abbiamo bisogno di essere ripuliti dalle nostre ingannevoli sicurezze che mercanteggiano la fede in Dio con le convenienze del momento. Abbiamo bisogno che siano spazzate via dal nostro cuore e dalla Chiesa le nefaste suggestioni del potere e del denaro. Il Signore ci promette che, con la potenza della sua Risurrezione, può far risorgere noi e le nostre comunità dalle macerie causate dall’ingiustizia, dalla divisione e dall’odio”.

Poetica. “Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle (cfr Gen 15,5). In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi…Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Non stanchiamoci mai di guardare il cielo, di guardare le stelle”.

Profetica. Francesco ricorda tre profeti. Isaia: “l’antica profezia che i popoli ‘spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci’ (Is, 2,4) è una profezia non realizzata perché spade e lance sono diventate missili e bombe”. Gioele: “I tuoi figli e le tue figlie profetizzeranno, i tuoi vecchi sogneranno e i tuoi giovani avranno visioni (Gl 3,1)”. Giona la cui profezia, come detto, risuonò a Ninive, e impedì la distruzione e portò una speranza nuova.

Politica. A partire dal disarmo. “Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi”. “Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace!”. “Non ci sarà pace senza condivisione e accoglienza, senza una giustizia che assicuri equità e promozione per tutti, a cominciare dai più deboli. Non ci sarà pace finché le alleanze saranno contro qualcuno, perché le alleanze degli uni contro gli altri aumentano solo le divisioni”.

Civile. Cioè conviviale. Abbiamo bisogno gli uni degli altri”. Possiamo convivere “solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile”. “Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi”. Soprattutto alle donne “che continuano a donare la vita nonostante i soprusi e le ferite”.

Ecologica. “Aiutaci ad avere cura del pianeta, casa comune che, nella tua bontà e generosità, hai dato a tutti noi”. “Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori”. La crisi del Covid-19 chiede “un’equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a ripensare i nostri stili di vita, il senso della nostra esistenza (Fratelli tutti, 33)”.

Educativa. “Il cammino di pace può cominciare dalla rinuncia di avere nemici. Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere”. Occorre attivare “la capacità di perdonare e il coraggio di lottare”. Occorre risvegliare i sogni: “Non smettete di sognare! Non arrendetevi, non perdete la speranza! Dal Cielo i santi vegliano su di noi. E ci sono anche “i santi della porta accanto” che, vivendo in mezzo a noi, riflettono la presenza di Dio (Gaudete et exultate 7). Questa terra ne ha molti, è una terra di tanti uomini e donne santi. Lasciate che vi accompagnino verso un futuro migliore, un futuro di speranza”.

La pace, cuore del nuovo umanesimo

Con la sua azione il papa svolge da tempo un rilevante ruolo politico internazionale e un ruolo spirituale mondiale. La sua autorità è credibile e amabile (molto scomoda per i potenti). Due osservazioni finali. La prima. L’informazione sul viaggio è stata ricca di particolari ma, tranne le eccezioni di “Avvenire” e de “il manifesto”, non ha ricordato le responsabilità “occidentali” sia per l’invasione dell’Iraq nel 2003, che ha scatenato i demoni del terrorismo, sia per il sostegno al terrorismo da parte di potenze e persone, verbalmente contrarie ad esso ma nei fatti complici, tramite l’Arabia saudita, il Qatar, la Turchia e altri, della violenza. Francesco può risvegliare, in chi abbia ancora un briciolo di decenza, la memoria perduta e la vergogna di guerre basate su menzogne, come quella delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, la madre di tutte le fake news inventata da Bush e Blair. Grande è stata ed è l’ipocrisia di chi proclama la pace a parole ma prepara le guerre dimenticando il magistero pontificio (come è capitato anche a Giovanni Paolo II, contrario all’invasione del 2003).

La seconda. Il viaggio in Iraq può costituire un punto di svolta non solo per l’Iraq e il Medio Oriente ma per tutto il pianeta. La prospettiva della pace è incompatibile con nazionalismi, tribalismi e militarismi diffusi. “Nelle tempeste che stiamo attraversando non ci salverà l’isolamento, non ci salveranno la corsa a rafforzare gli armamenti e ad erigere muri, che anzi ci renderanno sempre più distanti e arrabbiati. Non ci salverà l’idolatria del denaro, che rinchiude in sé stessi e provoca voragini di disuguaglianza in cui l’umanità sprofonda”. “La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità”.

Sul manifesto con le foto di al-Sistani e di Francesco campeggiava una frase: «Voi siete una parte di noi e noi siamo una parte di voi». Così, dopo la firma del Documento sulla fratellanza umana con il leader sunnita al-Tayeeb ad Abu Dhabi, il papa sembra farsi ponte anche tra gli stessi sciiti e i sunniti in una proiezione globale: non solo tra credenti di ogni religione ma tra persone (di “buona volontà”), tra esseri umani (“amati dal Padre”). Oltre le pratiche dello scontro, dello scarto e dell’indifferenza. La pace nonviolenta è il cuore del nuovo umanesimo. Il lievito del nostro futuro.